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    buddenbrook
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    MAFIA CAPITALE
    Una disamina sui fatti
    Terza Parte

    Introduzione

    Per evitare confusioni e fraintendimenti questo post serve a chiarire — nel limite del possibile — i rapporti della PA con i fornitori e il ruolo politico nelle decisioni di spesa corrente e straordinaria. Non interessano qui difese o attacchi politici né tanto meno “forcaiolismi” populisti.

    Per capirci qualcosa seguiamo l’ordinanza di applicazione di misure cautelari formulate dal GIP Flavia Costantini. Inoltre verrà presa in esame anche la prima ordinanza, sempre dello stesso GIP. Cominciamo col dire che non a tutti gli indagati è stata contestata l’aggravante dell’associazione mafiosa. Tra i politici il solo è Luca Gramazio. Le cooperative coinvolte sono quelle del gruppo “29 Giugno” di Buzzi e “La Cascina” di Cammisa.

    Gli attori principali

    L’organizzazione alla quale viene contestato il reato di associazione mafiosa è capeggiata — secondo l’accusa (precisazione che varrà per il resto del post) — da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.
    Oltre ai già citati Carminati e Buzzi fanno parte della associazione:
    Luca Gramazio, consigliere regionale PDL del Lazio.
    Franco Panzironi, imprenditore operante soprattutto nel periodo 2008-2013.
    Nadia Cerrito, segretaria delle cooperative di Buzzi e Alessandra Garrone collaboratrice e compagna del Buzzi stesso. Inoltre per il 416bis gli altri indagati sono: Riccardo Brugia, Fabrizio Testa, Cristiano Guarnera, Giuseppe Ietto, Agostino Gaglianone, Carlo Pucci, Riccardo Mancini, Fabio Gaudenzi, Roberto Lacopo, Matteo Calvio, Claudio Caldarelli, Carlo Guarany, Paolo Di Ninno.

    Fatta questa premessa — per non fare confusione — conviene dividere la presunta storia criminale in varie sezioni. Seguendo, come scrivo sopra, la prima ordinanza si possono dividere quattro grandi temi.
    – Le corruzioni nel comune di Roma
    – La questione dei debiti fuori bilancio
    – Il ruolo delle cooperative negli appalti della PA
    – La presunta attività di favoreggiamento di Luca Gramazio

    Il ruolo delle cooperative negli appalti della PA

    Gli appalti pubblici sono ovviamente visti da consorzi, ditte private, cooperative, e quant’altro come potenziali commesse su cui ricavare denaro. Gli appalti vengono concessi tramite regolari annunci e seguenti “gare pubbliche” in cui l’assegnazione si basa su punteggi che i concorrenti stessi devono giustificare. I punteggi sono stilati in base ad alcune parametri (validi anche nel privato) come la competenza, il costo e altro. Non c’è solo questa modalità di assegnazione ma — caso classico — per le emergenze la gara si può saltare. Come è intuibile il momento della gara (quando c’è) e la cessione della commessa ad una azienda è un momento di particolare “pericolosità” economica. E’ necessario che la gara venga svolta seguendo tutti i canoni del mercato aperto e concorrenziale; nel caso di emergenze invece l’importante è che la scelta del decisore pubblico sia “di utilità pubblica”.

    Fatta questa doverosa quanto (forse) ridondante premessa — ridondante nel senso che queste procedure almeno a grandi linee sono di dominio pubblico — cominciamo col dire che la figura pubblica che viene indagata e che, per il ruolo che ricopre, assume un ruolo fondamentale è Luca Odevaine. Odevaine è indagato per aver favorito aziende e cooperative a lui vicine e turbato gare di appalto per ricevere soldi o favori.

    Semplice? Semplicissimo… veramente, no.

    Le accuse a Odevaine

    Come sempre comincio con l’accusa:

    […] del reato di cui agli artt.81, 110 c.p., 318 c.p. ( nuova formulazione) 319 c.p. (vecchia e nuova formulazione) perché, in concorso tra loro, Odevaine […] riceveva da Cammisa, Ferrara, Menolascina e Parabita la promessa di una retribuzione di 10.000 euro mensili, aumentata a euro 20.000 mensili dopo l’aggiudicazione del bando di gara del 7 aprile 2014, per la vendita della sua funzione e per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio in violazione dei doveri d’imparzialità della pubblica amministrazione
    […] del reato di cui agli artt. 110, 81, 353 commi 1 e 2 c.p., perché, in concorso tra loro Odevaine […] turbavano le procedure di gara [Seconda Ordinanza, pag 8]

    Una cosa che ho notato è la modifica del capo d’accusa tra la prima ordinanza e la seconda. Dal punto di vista dell’indagato poco cambia ma, durante il processo, ho idea che la difesa potrebbe giocare questa carta. “Compare” una contestazione di violazione di un articolo non precedentemente previsto e — cosa che a me ha lasciato perplesso — i “compagni” di reato sono del tutto diversi tra la prima accusa e la seconda. In realtà dal punto di vista dell’indagato cambia poco in quanto turbare una gara di appalto per una ditta o per un’altra non fa differenza; sempre turbativa d’asta è. Ma, come dicevo, credo che al processo peserà. Comunque, ecco la precedente accusa:

    […] Del reato di cui agli art. 110 c.p.,318 c.p. ( nuova formulazione) 319 c.p. ( vecchia e nuova formulazione) […] perché, in concorso tra loro Odevaine […] Schina […], Buzzi e Coltellacci […] Cerrito […]
    Odevaine per la vendita della sua funzione e per il compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio in violazione dei doveri d’imparzialità della pubblica amministrazione […] riceveva in forma diretta e indiretta una retribuzione di 5000 euro mensili per se medesimo e una retribuzione di 1500 euro mensili per Schina [Prima Ordinanza, pag 15]

    Nella prima ordinanza chi traeva beneficio dall’attività illecita di Odevaine era la “29 Giugno” di Buzzi, nella seconda invece è la cooperativa “La Cascina” i cui vertici aziendali sono citati nel capo di accusa. Una mia spiegazione può essere che i PM avendo scoperto nel tempo che la presunte agevolazioni illegali erano più evidenti e facili da provare per “La Cascina” hanno pensato di focalizzarsi su di essa.

    Ma le difficoltà ci sono anche nell’individuare il ruolo preciso che ricopre l’indagato; e cioè determinare se si possa parlare nel suo caso di pubblico ufficiale. Odevaine, in qualità di membro dell’Unione delle Province Italiani (UPI), fa parte del “Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale” istituito del Ministero degli Interni. La sua carica però decade formalmente.

    “Si è già fatto cenno che, sul piano sostanziale, la sua legittimazione cessa con l’essere cambiata, nel dicembre 2012, l’amministrazione provinciale di cui era espressione, e tuttavia, sul piano formale, egli continua a essere componente di tale organo, riceve le formali convocazioni , partecipa alla sua attività in modo pieno.” [Prima Ordinanza, pag 1134]

    Nonostante tutto comunque l’indagato continua a dare e ricevere indicazioni sulla questione migranti, essere presente alle riunioni e nelle comunicazioni anche in via informale del sopra citato “Tavolo”.

    L’emergenza dei migranti

    E’ il caso di mettere giù due dati e spiegazioni sul processo burocratico che viene ad attivarsi nel momento in cui immigrati arrivano al confine Italiano. I tipi di centri di accoglienza sono tre:
    – centri di accoglienza (CDA)
    – centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA)
    – centri di identificazione ed espulsione (CIE)
    – centri di accoglienza sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAS)

    I CDA sono centri di accoglienza di primo soccorso. L’accoglienza è limitata al tempo necessario per stabilire l’identità del migrante. I centri attualmente operativi sono: Agrigento, Lampedusa (381 posti); Cagliari, Elmas (220 posti); Caltanissetta, Contrada Pian del Lago (360 posti); Lecce – Otranto (Centro di primissima accoglienza); Ragusa Pozzallo (172 Posti).

    I CARA sono strutture più recenti nelle quali viene inviato e ospitato per un periodo variabile di 20 o 35 giorni lo straniero richiedente asilo privo di documenti di riconoscimento o che si è sottratto al controllo di frontiera. Nel caso i CARA si rivelino insufficienti e stesse funzionalità possono essere fatte anche nei CDA. I centri attualmente operativi sono: Bari Palese, Area aeroportuale (744 posti); Brindisi, Restinco (128 posti); Caltanissetta, Contrada Pian del Lago (96 posti); Crotone, località Sant’Anna (875 posti); Foggia, Borgo Mezzanone (856 posti); Gorizia, Gradisca d’Isonzo (138 posti); – Mineo, Catania (circa 2.000 posti); Roma, Castelnuovo di Porto (650 posti); Trapani, Salina Grande (260 posti).

    I CIE sono strutture destinate alla permaneza degli stranieri extracomunitari irregolari destinati all’espulsione. Attualmente i centri operativi sono: Bari-Palese, area aeroportuale (196 posti); Bologna, Caserma Chiarini (95 posti); Brindisi (83 posti); Caltanissetta, Contrada Pian del Lago (96 posti); Catanzaro, Lamezia Terme (80 posti); Crotone (124 posti); Gorizia, Gradisca d’Isonzo (248 posti); Milano, Via Corelli (132 posti); Modena, Località Sant’Anna (60 posti); Roma, Ponte Galeria (360 posti); Torino, Corso Brunelleschi (180 posti); Trapani, Serraino Vulpitta (43 posti); – Trapani (204 posti).

    Gli SPRAS invece sono strutture — regolarizzate nel 2002 ed è un sistema pubblico per l’accoglienza diffuso su tutto il territorio italiano. Questo sistema è una cooperazione tra stato centrale ed enti locali; non si limità al solo vitto e alloggio per i migranti ma svolge altri servizi di integrazione sociale, linguistica e lavorativa. In pratica c’è un primo livello — soggetto incaricato — centrale che ha il compito di monitorare e smistare i richidenti asilo verso strutture regionali, provinciali o comunali. Dopo aver individuato la struttura locale competente, il livello centrale finisce il suo lavoro che passa al livello secondario — soggetto attuatore — che svolge le attività di analisi e pratiche per il soggiorno temporaneo degli stranieri.

    Fonti utilizzate

    Prima ordinanza mafia capitale
    Seconda ordinanza mafia capitale

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