Cronache dal Grillismo reale: il corpo estraneo

È un onore essere invitato a far da reporter dei Caproni, dall’entroterra veneziano di Mira: ringrazio il Leader Capra, le Caprette e i Caproni tutti. Ma i meriti vanno in via esclusiva al nostro agente all’Avana, che naturalmente rimane sotto copertura.

Il titolo è ispirato da Caprevaia: sua l’ipotesi di “una summa theologica della NGO (New Grillology Order), con esempi pratici”. Un programma troppo vasto per le mie forze. Ma forse si può tentare una sorta di fenomenologia del M5S trionfante, alle prese con la stanza dei bottoni.

Non so quanto le osservazioni che seguono possano essere generalizzabili, cioè quanto di quello che è successo e sta succedendo a Mira sia attribuibile alle determinanti del sistema ideologico grillesco, piuttosto che alla natura dei protagonisti locali. Mi pare però che le analogie, ad esempio tra il caso di Mira e quello di Parma, prevalgano sulle differenze, e che in qualche maniera delineino delle costanti.

 

Il corpo estraneo

In un commento recente ho parlato, facendo riferimento all’amministrazione grillina di Mira, di “corpo estraneo”.

E lo è da un punto di vista oggettivo: il gruppo consiliare del M5S, che ha la maggioranza assoluta in consiglio comunale, è composto in prevalenza da persone che non hanno avuto e non hanno con Mira alcun rapporto: non ci sono nati e non ci vivono, non sono conosciute dai cittadini e non conoscono il territorio e le realtà locali.

In giunta il rapporto è più favorevole, ma anche qui ci sono, per il momento, ben tre assessori, su sette componenti, da fuori comune.

La nascita del M5S locale può essere infatti descritta come un impianto in vitro, stimolato artificialmente dall’esterno, da sparuti evangelizzatori della provincia.

Lo si può apprezzare dando uno sguardo, sul meetup locale, alle immagini, lievemente malinconiche, degli incontri in birreria, fino a ridosso delle elezioni, in cui non si contano mai più di una dozzina di persone, e mai esclusivamente indigene.

Ecco perché la lista elettorale del movimento per le amministrative fa fatica a raggiungere il minimo di candidati richiesto per la presentazione, e soltanto grazie all’inserimento di mariti e mogli, amici e fidanzate, e un cospicuo numero di oriundi, non tutti attivisti del movimento.

Poi l’imprevedibile successo elettorale e il trasferimento in blocco della lista in consiglio comunale (v. le accuse di questi giorni, un po’ pretestuose, di “familismo”), e la cooptazione dei pochi altri, chi in giunta come assessore e chi nel consiglio di amministrazione della società controllata del comune.

Con la spiacevole conseguenza che il M5S di Mira si è interamente istituzionalizzato, cioè pressoché completamente assorbito (esaurito) nei ruoli di governo, e rimasto privo di qualsivoglia forma di organizzazione distinta dall’amministrazione (l’interesse pur suscitato all’indomani delle elezioni non sembra aver prodotto un visibile proselitismo, anche per la notoria diffidenza dei grillini nei confronti di possibili infiltrati).

 

Il principio di incompetenza

È evidente a tutti fin da subito il grave deficit di competenza della compagine del M5S, sia per materia sia dei meccanismi di funzionamento di una amministrazione comunale: nessuno degli amministratori può vantare precedenti esperienze come consigliere comunale o come assessore, né nella gestione di aziende o servizi pubblici; scarse sono pure le competenze specifiche.

È questo il motivo che spalanca le porte all’ingresso dell’avv. Agnoletto (esperta di diritto amministrativo e ambientale) nella giunta, che rimane comunque piuttosto deboluccia: Maniero è ancora studente in Scienze Politiche (e che si vanta di un’esperienza lavorativa di un paio di mesi come commesso da Decathlon); Crivellaro, il vicesindaco, coetaneo e già compagno di banco alle superiori di Maniero, è laureato in Beni culturali e ancora disoccupato; a Claut, professionista architetto che vive e lavora senza infamia e senza lode tra Padova e Venezia e patito per la bioedilizia sono affidati, con sprezzo del pericolo, tutti i referati tecnici; Gatti, poliziotto, è chiamato a occuparsi di bilancio, probabilmente perché il padre aveva ricoperto con successo in passato lo stesso ruolo; alla Vanin, insegnante in una scuola professionale di Mestre, le deleghe sulla scuola, oltre che le pari opportunità (si aggiungerà di recente alla compagine una giovane psicologa, a occuparsi di sociale).

In consiglio comunale la situazione è ancor più scoraggiante: ci sono impiegati, artigiani, una pensionata, qualche studente (uno all’epoca appena diciottenne), ma a colpo d’occhio nessuna competenza spendibile per il governo cittadino.

Ma ciò che manca davvero è una competenza sottovalutata e tuttavia essenziale per un amministratore pubblico: la “conoscenza del territorio” (è difficile usare un termine più preciso per questo concetto, che include svariati ambiti di esperienza).

E chi non conosce il territorio naturalmente non sa dove mettere le mani, non sa filtrare i problemi e metterli in ordine di priorità, scivola nell’astrattezza e finisce per esaurirsi nel fare cose, magari sterili o inutili, ma di forte valore simbolico o ideologico.

Naturalmente, in mancanza di legami con il territorio, viene meno l’interesse e la motivazione (la resistenza dei grillini miresi alla proposta, pur provocatoria da parte dell’opposizione, di devolvere i gettoni di presenza a iniziative di sostegno sociale ai disoccupati può essere letta anche come una difesa delle condizioni minime per assicurare la presenza in consiglio degli oriundi meno motivati).

Metà dei consiglieri del M5S non ha alcuna conoscenza di Mira e nemmeno sono seriamente interessati a procurarsela: da qui la progressiva delega a un ristretto gruppo di comando per le decisioni strategiche e di indirizzo, che inizialmente include la giunta, allargata a un certo numero di consiglieri (tra cui la presidente del consiglio, Giuliato, il capogruppo Berti e la consigliera “anziana”, Mazzariol).

Poi, con l’emergere delle divisioni all’interno della giunta (Maniero, Crivellaro e Claut da una parte, Gatti, Agnoletto e Vanin dall’altra) il gruppo diventa via via più ristretto, senza più riguardo alla distinzione di ruoli tra giunta e consiglio, o alle competenze specifiche, ma soltanto alla fedeltà al gruppo stesso: il movimento diventa manipolo.

 

I fuochi dell’assedio

Mira, che conta 39.000 abitanti, non è una città, ma come spesso in Veneto un agglomerato di piccoli e piccolissimi centri, in cui rimane predominante lo spirito di campanile, il particolarismo e il localismo esasperato, e in cui il radicamento nel luogo, la rete familiare e la conoscenza personale costituiscono tuttora presupposti indispensabili dei rapporti sociali.

Così, dopo la vittoria elettorale, è iniziata una vera e propria transumanza di cittadini, associazioni e imprese in municipio per incontrare, conoscere di persona, “toccare con mano” gli alieni, i nuovi amministratori: e per misurarli.

Una teoria di visite in comune che è continuata per mesi, e che ora, dicono le voci di corridoio, si sta rapidamente esaurendo. Le malelingue aggiungono che i miresi hanno finito di prendere le misure, e che non sono molto lusinghiere (per mancanza di concretezza e per incapacità decisionale).

Quindi ciò che ha costituito un paradossale elemento di forza dei grillini in campagna elettorale, cioè il fatto di essere completamente estranei alla politica locale e propriamente sconosciuti ai cittadini, costituisce adesso il loro principale punto di debolezza.

La preannunciata epurazione dei tre assessori “non allineati” (e la madornale topica di usare l’argomento maternità per tentare di far dimettere la gestante) sembra avere bruscamente interrotto una sorta, non di luna di miele, ma certo di sospensione del giudizio (o dell’incredulità) da parte dell’opinione pubblica, che ha accompagnato i primi mesi dell’esperimento grillino.

Ciò che si respira ora a Mira è la sensazione che sia messo in moto una sorta di stato d’assedio, con il perfetto isolamento del M5S asserragliato nelle sedi istituzionali, che da mesi non promuove alcun incontro pubblico con i cittadini e che comunica esclusivamente attraverso gli articoli o i video postati nel sito del movimento.

E paradossalmente fuori, in piazza, la sede privilegiata delle cerimonie della liturgia grillina, la società locale che sta elaborando l’espulsione del “corpo estraneo”.

Non è solo la politica locale, tramortita dalla sconfitta e sin qui in stato comatoso, che ha rialzato la testa, anche se è significativo che tutti e quattro i gruppi di opposizione in consiglio, di cui tre sono costole litigiose del centrosinistra (e che avevano variamente flirtato nei mesi scorsi con la maggioranza),  hanno pubblicamente dissotterrato l’ascia di guerra. E anche la Lega, fuori dal consiglio e sino ad ora in una posizione di palese sostegno, sembra avere finalmente capito di dover sfuggire all’abbraccio mortale con i grillini.

È un movimento più lento e silenzioso, quasi sotterraneo, che si è messo in moto, e che riguarda tutta la società mirese (associazioni, imprese, sindacati, ecc.), i cui segni non sono ancora giunti alla superficie dei giornali, ma che si infittiscono nelle chiacchiere al mercato, nelle battute al bar o alla fermata dell’autobus.

Si tratterà di verificare, lunedì 25 febbraio, se il M5S di Mira sarà riuscito a prendere l’onda dello Tsunamitour e a rimanere a galla, o se comincerà ad affondare.

Ma il fortino a cinque stelle di Mira deve resistere, non può, non deve cadere.

Quantomeno fino alle prossime amministrative di maggio.

 

P.S. C’è un altro aspetto che qualifica il M5S di Mira come “corpo estraneo”: l’autorappresentazione di estraneità all’istituzione e alla gestione del potere. Rappresentazione quanto mai distorta e contraddittoria (indotta dai dogmi grilleschi) ma non per questo meno gravida di effetti pratici, tanto che Maniero può essere descritto come la quintessenza del non-sindaco.

Ma l’ho fatta già troppo lunga. Se vi interessa, ci scrivo su un altro post.

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