Charlie contro il Pollaio

La vicenda di Charlie Hebdo ha, letteralmente, scosso il mondo.
Probabilmente la migliore risposta di questi giorni al riguardo è stata data da Nick Clegg, vice primo ministro della Gran Bretagna.

Nick Clegg risponde a un certo Omar in una trasmissione radiofonica in cui è ospite fisso una volta a settimana (in UK, queste cose sono normali): Omar dice che, seppure i terroristi abbiano torto, nel dibattito dovrebbero entrare anche l’invasione in Iraq, le torture della CIA e quant’altro.
Clegg si oppone fortemente a quest’idea e dice chiaramente che non bisogna mescolare cose che non c’entrano e non bisogna fare di tutti i fatti un minestrone.

Perchè questo succede puntualmente, vergognosamente, ogni volta che succede qualcosa. Qualunque cosa.
Ogni volta che accade un evento di portata anche solo minimamente rilevante tanto da essere riportato in un telegiornale, si sollevano le voci de “i commentatori” e de “gli opinionisti”.
E in una società in cui Twitter e Facebook sono a portata di mano e in cui chiunque può avere un blog o commentare una notizia direttamente sul sito di un giornale, ogni volta che succede qualcosa di minimamente eccezionale o controverso esplode il pollaio.

Sì, il pollaio.

Solitamente, in un Paese avanzato e civile, ci aspetteremmo che, mentre la gente ignorante starnazza le proprie idee su Facebook, veri professionisti dell’informazione e del pensiero critico analizzino la situazione lucidamente e delineino delle linee di pensiero su cui ragionare ed elaborare, mostrando al popolino come si fa ad usare il cervello.
E invece, nel nostro Paese (come anche in altri), i media conducono e alimentano il pollaio a fini puramente economici e di spettacolo.
Sublime è la copertina di Libero che titola “Questo è l’islam”, mostrando la foto del terrorista islamico che uccide il poliziotto islamico.

E allora vediamo moltiplicarsi non solo interpretazioni assurde e distorte, ma anche le bufale e le false informazioni, per non parlare delle teorie del complotto.

Cerchiamo quindi di fare ordine e partiamo dall’inizio.
Iniziamo quindi ad analizzare brevemente cosa è successo e perchè, per passare poi a darne un’interpretazione il più possibile realistica e completa.

Il 7 gennaio 2015 due uomini armati di fucili d’assalto sono entrati nella redazione del giornale parigino Charlie Hebdo, uccidendo parte del personale. Durante la fuga, una o più ulteriori persone sono state uccise, per un totale di 12 vittime. I due quindi sono fuggiti fino ad essere isolati in una località fuori Parigi, dove sono stati poi uccisi dalle forze dell’ordine. Contemporaneamente a questi ultimi eventi, un altro terrorista, loro complice, assalta un supermercato e prende ostaggi. Anche lui muore, assieme a quattro ostaggi. La sua ragazza, presente nel supermercato, fugge confondendosi con gli ostaggi ed è tuttora ricercata.

Gli eventi in sè sono quindi semplici e facilmente comprensibili. E’ nel non detto, nel non saputo, nell’interpretazione dei fatti e nell’individuazione del “cosa fare ora” che si trova la complessità.

I terroristi

Per prima cosa dobbiamo pensare a come è stato possibile organizzare questo attacco.
I due fratelli Kouachi sono dei “foreign fighters”: dalla Francia si sono recati in Medio Oriente, dove hanno ricevuto un addestramento paramilitare (“con specializzazione in terrorismo”, se vogliamo), per poi tornare al paese d’origine, in cui hanno perpetrato l’attacco.
Questi fatti erano noti all’Intelligence francese come a quella Americana. Entrambe li conoscevano, ma non è dato sapere quali contromisure siano state prese.
Ora, quali contromisure vengano prese non è dato saperlo per un semplice motivo: se si chiamano “servizi segreti” evidentemente non vogliono che si sappia in giro cosa fanno e come lo fanno.

Intelligence

La domanda di questi giorni è: “com’è possibile che non si sia prevenuto l’attacco?”
La risposta è altrettanto semplice e inquietante: se si è sufficientemente addestrati e si gode di un supporto logistico adeguato, azioni di questo tipo sono molto difficili da prevenire.
Ma attenzione: non cadiamo nella trappola del “i servizi segreti hanno fallito completamente, che schifo”. Questo è l’attacco riuscito, ma quanti invece non sono riusciti?
Per lo stesso motivo di prima, ovvero che si tratta di servizi segreti, non ci è dato saperlo. E non ci è dato nemmeno di sapere quale sia di preciso l’azione di prevenzione e di interdizione effettuata contro le reti logistiche e di spionaggio terroristiche nei nostri Paesi.

C’è anche un’altra indiscrezione che circola: i servizi segreti Algerini avevano informato i servizi Francesi di un imminente attacco. Anche questa notizia è potenzialmente scatenante per il pollaio perchè “ah lo sapevano pure, ma allora che ci stanno a fare?”.
Ebbene, c’è un altro fattore che viene dimenticato dai polli commentatori dei nostri media: il filtraggio delle informazioni utili da quelle inutili. Un’agenzia di servizi segreti ha a che fare principalmente con informazioni, enormi quantità di informazioni. Il grosso problema è quindi riuscire a catalogarle, valutarle, filtrarle e solo infine utilizzarle.
E’ possibile che questa informazione dei servizi Algerini (ammesso che sia una notizia vera) sia stata o in fase di verifica (servono tempo e risorse per verificare) oppure insufficientemente specifica per prevenire l’attacco.

Insomma, se è vero che i servizi segreti sono stati sconfitti, non è assolutamente possibile lanciarsi nel dire che siano un totale fallimento o non siano serviti a niente, perchè non abbiamo sufficienti elementi (e per la natura di queste operazioni, non ne abbiamo praticamente nessuno) per giudicare lucidamente.

E in ogni caso, per dirla con Hollywood, “you can’t handle the truth”.

Logistica

La logistica è un aspetto estremamente importante di ogni operazione: senza logistica non c’è un posto dove tenere le armi, ma nemmeno un modo per procurarsele. Non c’è un modo per acquisire informazioni ed elaborare un piano, non c’è praticamente nulla insomma di quanto necessario a preparare l’operazione, men che meno eseguirla.
E’ ovviamente improbabile che i terroristi si siano portati fucili e munizioni nel bagaglio imbarcato in aereo o nel bagagliaio della macchina fin dalla Siria.
E’ molto più probabile invece che esista una rete criminale disposta a fornire armi a questi terroristi. Anche in questo caso, che si tratti di una rete Islamica o Francese non è possibile saperlo.
Attenzione infatti, anche in questo caso, a non cadere nell’errore di fare assunzioni non giustificate: non è detto che ci sia una intera rete terrorista capace di armare le persone in maniera indipendente e auto-sufficiente. Non è dato sapere se questa rete importa armi indipendentemente o se per esempio si appoggia a reti locali.
Questo discorso, apparentemente marginale, è molto importante: la retorica del “noi contro loro” sarebbe fortemente incrinata dal sapere che i terroristi islamici siano stati aiutati da Francesi cristiani (giusto per citare la religione, usata in questi giorni da molti come bandiera). Un fatto simile mescolerebbe le linee “cultural-religiose” e metterebbe in dubbio la dottrina del “novello-crociato”.

Motivazioni dell’attacco

Le motivazioni che hanno spinto queste persone a iniziare una carriera nel settore del terrorismo sono tanto semplici quanto confuse. Il “fondamentalismo religioso”, come sappiamo bene analizzando il grillismo, è un enorme ombrello sotto cui sta di tutto, purchè alimentato da rabbia e odio. Ed è la nostra esperienza con i grillini che ci permette di capire bene cosa passa per la testa a questi individui estremisti.
Innanzitutto, si affidano ad un leader e ad una figura carismatica, come un Dio, un Imam o un comico di Genova.
Vogliono una società nuova e diversa, in cui tutti la pensano come loro, che sia lo Stato Islamico o Gaia.
Sono fermamente convinti di essere i puri più puri, mentre chi non la pensa come loro merita tutto il peggio possibile e, siccome non hanno tempo da perdere nel realizzare il loro mondo ideale, meglio che questa gente muoia in fretta e sgombri il campo alla nuova società. Chiunque non la pensa come loro è colluso, da epurare e magari anche eliminare fisicamente. Il metodo utilizzato dipenderà dalla società in cui l’estremismo si sviluppa: maggiore è la povertà culturale ed economica e la violenza nella suddetta società, più violento sarà il metodo utilizzato dagli estremisti.

E qui sta un punto molto importante.
Abbiamo visto Libero titolare “Questo è l’Islam”, quindi associare la mentalità estremista a “tutti gli islamici”.
Ma allora, per lo stesso motivo, potremmo associare la mentalità grillina a “tutti gli Italiani”.

Eppure noi non siamo grillini.

Qual è il problema di questa associazione? Il semplice ignorare che c’è qualcuno di diverso.
E’ semplicemente il proverbiale “fare di tutta l’erba un fascio”, un proverbio tanto noto quanto trascurato nei dibattiti, specialmente in quelli ad alto contenuto adrenalinico ed emotivo.
Ma non è solo “qualcuno” ad essere diverso, bensì la maggior parte: quanti sono quelli che veramente approvano le epurazioni politiche di Grillo e veramente ritengono, a mente lucida, che Gaia sia possibile o anche solo auspicabile? Di certo non la maggioranza degli Italiani.
E’ assolutamente vero che prendendo grillini, leghisti, neofascisti e altre nefandezze e mettendoli tutti insieme si fa un bel numero, ma quel numero è molto più piccolo della maggioranza degli Italiani. Diciamo 20% (andando proprio per eccesso)?
Ebbene, di questo 20%, quanti sarebbero quelli disposti a “fare la rivoluzione”? Ben pochi, non per altro si parla sempre di “leoni da tastiera”.

La Cultura

Naturale è quindi parlare di Cultura, con la C maiuscola.
Perchè questo è il punto nodale di ogni motivazione: ciò che è contenuto nella scatola cranica di ogni persona. E’ facile affermare che “tutti i/gli/le *** sono corrotti/e”, mentre è molto più difficile portare nomi e cognomi dei corrotti e discriminarli dagli onesti.
E’ ciò che sta nella testa di ogni persona che determina quella persona, e sono le sue azioni che determinano il giudizio giuridico che ne dobbiamo avere.

Giuridico, sì.
Perchè nell’affermare che “tutti i politici sono corrotti” stiamo giuridicamente muovendo delle specifiche accuse di un reato penale. E qui casca l’asino: se noi accusiamo qualcuno, dobbiamo averne le prove, altrimenti le nostre accuse sono calunnie, anch’esso reato penale.
Allo stesso modo, se noi accusiamo gli Islamici di essere terroristi o collusi con loro, dobbiamo portare le prove di tale collusione.
Fino ad allora sono innocenti. E questo non è un cavillo giuridico, ma un diritto umano, siatene coscienti.
“Innocente fino a prova contraria” è una frase fatta, abusata fino all’estremo e usata sempre più spesso nei momenti più inopportuni. Ecco, questo è il momento di usarla.

La Cultura, quella vera e con la C maiuscola, porta sempre alla comprensione e alla moderazione. Il motivo è ovvio e l’abbiamo appena detto: più conosciamo e più capiamo e discriminiamo i dettagli, finendo con il comprendere una realtà molto più complessa di quanto appaia all’ignorante.
E la mancanza di Cultura è uno dei fattori dell’insorgenza del terrorismo. Ma non la religione in sè. Che si chiami Islam o cos’altro non è il punto: il punto è la mancanza di Cultura, che quando si manifesta in paesi a maggioranza Islamica finisce, per ragioni storiche, per diventare terrorismo.

Il Terrorismo: perchè e come

Quando c’è povertà economica e culturale arriva l’estremismo. E’ una costante umana, dovuta ai meccanismi psicologici di difesa dalle difficoltà incontrate durante l’evoluzione della specie. Infatti “durante la crisi, ci si sposta a destra”, altra frase famosa quanto vera.
Il terrorismo è il metodo dell’estremismo quando la società in cui è nato (ne parlavamo prima) è colma di violenza. Nei paesi del Medio Oriente c’è enorme instabilità politica e la violenza è all’ordine del giorno, e pertanto l’estremismo si manifesterà in forma molto violenta. Siccome negli ultimi decenni, per motivi sociali e mediatici, il terrorismo è stata una strategia efficace per destabilizzare la società nemica (tipicamente di stamo occidentale), ecco che questo metodo viene adottato come arma comune dagli estremisti.
Estremisti che vengono reclutati con la motivazione religiosa, ma questo è solo l’ombrello sotto il quale vengono riuniti, non il motore che spinge l’insorgenza dell’estremismo.

La chiave dell’insorgenza del terrorismo è quindi la stessa dell’estremismo, e abbiamo detto che nasce in condizioni di disagio economico, sociale e culturale. Quando queste condizioni sono presenti in una società, ecco che l’estremismo prende forza. Questo estremismo può fare da centro di aggregazione per persone più o meno folli, anche di altri Paesi, che viaggiano appositamente per unirsi al “mondo nuovo”.
E questo ci conduce direttamente al discorso riguardo al “cosa fare ora” e i rimedi proposti da molti.

Le reazioni spropositate: l’ultradestra

Prima su tutti la Le Pen, dalle nostre parti ad esempio la Lega, chiede provvedimenti fortissimi, anche violenti, contro gli Islamici. Addirittura la Le Pen ha annunciato un referendum sulla pena di morte (peccato che nel frattempo i terroristi siano già morti, fra l’altro).
Si sa cosa vuole la destra: più controlli, meno integrazione, più restrizioni, eccetera. Ovviamente sotto questo ombrello politico c’è di tutto, razzisti e neofascisti in primis. Partire su questa strada quindi è un segnale politico forte di giustificazione verso l’intolleranza, il razzismo e le loro forme violente e discriminatorie. In sostanza, si propone l’imbarbarimento della società in barba a quei principi giuridici e di diritti umani di cui parlavamo prima.

Ovvero, si propone l’estremismo.
Ohibò: l’estremismo ha generato una risposta di estremismo.

Ma allora, se adottiamo l’estremismo cosa otterremo? Ancora più estremismo.
Ovvero: se alla violenza rispondiamo con cieca violenza otterremo… violenza.

Le risposte dell’ultradestra che si vedono in questi giorni e il razzismo crescente non possono far altro che alimentare l’odio, di cui appunto si nutre l’estremismo.
Sarebbe la risposta peggiore e più controproducente possibile, e spero vivamente che qualcosa del genere non accada.

Le reazioni spropositate: io sono Charlie Hebdo

Forse non ve l’aspettavate, ma anche quella del “io sono Charlie Hebdo” è una reazione spropositata. E’ una sorta di “estremismo civile”, se vogliamo, che non si manifesta tramite la violenza ma tramite la reazione pacifica, ma estrema nel suo significato.
Perchè la definisco in qualche modo “estremista”? Perchè, anche in questo caso, si abbandona il senso critico necessario per imparare dalla vicenda. Se sapete l’inglese (o vi fidate di Google Translate) potete leggere l’editoriale del New York Times al riguardo, titolato appunto “Io non sono Charlie Hebdo”.
Ovvero: Charlie Hebdo era un giornale provocatore fino quasi all’insulto, satira feroce e senza pudore. Che piaccia o non piaccia, doveva e deve essere protetto dalla libertà di espressione.

Dobbiamo però chiederci: apprezziamo sempre questo tipo di espressione? Nell’editoriale del New York Times si fanno degli ottimi esempi: un professore che viene licenziato perchè insegna qualcosa che non va alla sua Università come la visione dell’Omosessualità per i Romani. Oppure attivisti politici a cui si nega la possibilità di parlare a un pubblico.
Quanti quindi veramente sono Charlie Hebdo?
Saremmo noi disposti a fare quel tipo di satira? La apprezziamo? O ci sembra in qualche modo eccessiva? C’è magari qualcosa su cui non faremmo satira perchè prendiamo troppo sul serio questo o quell’argomento?

E ancora, a lato della questione: la visione data da Charlie Hebdo e la loro critica erano articolate, motivate? Mature? Fino a che punto? Sarebbe auspicabile per noi essere Charlie Hebdo? Ci sentiamo veramente Charlie Hebdo?

Insomma, questa del “io sono Charlie Hebdo” sembra più una reazione istintiva, una moda passeggera, un flash-mob che non vuol dire granchè.

Che fare?

La mia opinione su cosa fare, a livello personale, è “riflettere e imparare”.
Charlie Hebdo era una rivista di satira feroce, con vignette simpatiche e altre decisamente eccessive e gratuitamente volgari. Se da una parte è vero che la satira è molto auspicabile per stimolare l’attenzione e il dibattito, è anche vero che è sempre alto il rischio di fermarsi allo sfottò senza mai veramente affrontare il problema nè conoscere veramente la realtà che si prende in giro.
Piuttosto che cambiare la propria immagine del profilo con “je suis Charlie Hebdo”, sarebbe meglio viaggiare e conoscere qualche persona civile che in quei paesi Mediorientali c’è nato e ci possa arricchire con la sua Cultura. Sarebbe meglio pensare a quali sono i nostri limiti culturali e quali sono le nostre mancanze e intolleranze.
Sarebbe meglio riflettere prima di dare del terrorista al vicino di casa Iraniano, che magari ha un dottorato e ci sovrasta Culturalmente, mentre noi lo vorremmo nel ghetto assieme agli altri “come lui”.
Sarebbe meglio insomma pensarci su più a lungo possibile cercare di imparare dalla vicenda, invece che andare in giro per internet agitando un cappio virtuale destinato a “loro”, in difesa di “noi”.

A livello politico la soluzione è simile, anche se dev’essere permeata di realismo.
Sicuramente vanno innalzati maggiori controlli di intelligence e devono essere fatti investimenti economici al riguardo. Una buona idea di queste ore (un po’ idealista e che incontrerà non poca inerzia) è di Renzi, che auspicava l’integrazione dei servizi di Intelligence a livello Europeo.
Servono sforzi militari per combattere l’ISIS direttamente e sul campo: uno Stato Islamico è una piattaforma logistica perfetta per iniziare operazioni di arruolamento, addestramento e infiltrazione di agenti, terroristi ed equipaggiamento nei nostri paesi. Tale piattaforma va distrutta, non c’è altra soluzione.
Ma in questo “distruggere” è estremamente importante distinguere i criminali dagli onesti: solo isolando i criminali e salvaguardando gli onesti sarà possibile creare la stabilità sociale ed economica, e solo infine politica, necessaria per la nostra sicurezza.
Ghettizzare gli immigrati e affondare i barconi nel Mediterraneo è una politica controproducente dal punto di vista pratico, punto. E’ proprio dal maltrattamento e dal disagio che nascono situazioni simili, in tutto il mondo.
Ovviamente non significa (anticipo le prevedibili quanto stucchevoli proteste) accogliere tutti indiscriminatamente, ma significa essere il più possibile attenti nel rispetto dei diritti umani di persone che in molti casi stanno scappando esattamente dagli stessi fenomeni di cui li accusiamo essere parte.

E non smettiamo di riflettere e di ricercare la realtà o diventeremo estremisti anche noi, solo di colore diverso.

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