Centralità

La verità è che oramai Renzi è diventato l’alfa e l’omega della politica italiana, un nuovo “Berlusconi” inteso come totem centrale della politica: centrale in ogni discorso, ogni ragionamento, ogni analisi politica.

Non che Renzi sia davvero così centrale o rilevante, è un furbacchione e sa come rendersi rilevante ma non ha né gli strumenti né gli interessi che il presidente del Milan ha sempre avuto a corredo.

Com’è possibile, quindi, che un ragazzotto, furbo quanto vuoi, sia riuscito a fare il vuoto intorno a sé senza avere dalla sua la poderosa macchina pubblicitaria che un Berlusconi ha sempre usato ?

La verità che è che tutti gli altri attori o potenziali attori della scena politica hanno fatto di tutto per suicidarsi o chiudersi all’angolo e così, in un periodo in cui tutto stagna, non è rimasto nessun riferimento “centrale” in Italia al di fuori dell’ingombrante Presidente del Consiglio.

 

Il precedente perno, Berlusconi, oramai è vecchio e poco amato anche all’interno del suo partito; la situazione che s’è venuta a creare per la votazione del CSM dimostra che lui per primo non riesce a gestire i “suoi” e, non bastasse questo, possiamo considerare anche lo stato delle finanze di Forza Italia con Berlusconi che si rifiuta di coprire i buchi pregressi ed i parlamentari che non pagano le quote d’iscrizione perché sono abbastanza certi di non averci niente da guadagnare (vale a dire che danno per certa la loro non-rielezione).

 

Al di fuori di Berlusconi gli unici che possono ancora rivaleggiare col fiorentino restano solo Salvini e Grillo. Separati alla nascita i due condividono tantissime idee con la differenza che uno le esprime pubblicamente (Salvini) mentre l’altro le nasconde in elaborati ragionamenti e pistolotti: fatta la tara ambedue dicono le stesse cose e la pensano allo stesso modo su un sacco d’argomenti (immigrati in primis).

E così mentre a destra i due simpatici uomini di spettacolo (uno con l’elmo con le corna, l’altro col cappellino di stagnola) cercano di rubarsi vicendevolmente l’elettorato più becero nella scena politica non resta più nulla che non sia Matteo Renzi.

Il mare in cui Vendola è scomparso (dalla TV e dai cuori degli italiani, affogato in una supercazzola) sta portandosi via a poco a poco quelli che gli sono stati acerrimi rivali, da Civati (sempre più copia sbiadita di Scanzi, “gne gne” incluso) a Cuperlo (che non viene più manco invitato, tanto che ci sia o meno non se ne accorge nessuno) passando per il povero Bersani, l’evanescente Letta e qualche spruzzo di Fassina.

Guardiamoci intorno e parliamo francamente, Renzi nel bene e nel male è diventato centrale ed imprescindibile come Berlusconi e come Berlusconi subisce (approfittando dell’esposizione, che comunque gli fa gioco) gli strali di giornalisti, politologi, opinionisti, costituzionalisti, attivisti e (un po’tutti) arrivisti, tutti seccati in un modo o nell’altro del fatto che Renzi sia Renzi e che faccia (o non faccia) le cose “alla Renzi” anziché a modo loro.

Non è più neanche una questione di Governo e di ministri, perché il grande pubblico a momenti neanche sa chi sono i singoli ministri, come si chiamano e di che area sono, come ai tempi di Berlusconi a contare è sostanzialmente Lui ed il “moto” che da al governo prima ed al parlamento poi.

Sì, come i sindaci, ma con un carisma tale che nessuno della squadra dell’esecutivo riesce a brillare di luce propria tranne la Boschi, avvantaggiata da una certa avvenenza, da una caparbietà che nessuno s’aspettava e da abbastanza cervello da capire come muoversi senza scivolare sulle bucce di banana.

 

Renzi non è Berlusconi, qualcosa sta provando a fare e, al netto dei tanti annunci (spesso avventati) sta lavorando seriamente per cambiare qualcosa; cosa e come è ancora da vedere ma rispetto all’immobilismo Berlusconiano (o alle operazioni contabili di Monti) è già qualcosa, per il resto si va avanti in un placido nulla.

C’è da dire che in questo frangente il segretario del Partito Democratico ha anche un merito che è sempre mancato a Berlusconi, la capacità di tenere i “suoi” (intesi come esecutivo) lontani da talk e dai riflettori, la capacità di farli lavorare come una squadra “monolitica” al di fuori delle rispettive aree d’appartenenza.

 

Chiariamoci: il PD non nasce e non muore con Renzi, semplicemente in questo momento non è capace d’esprimere nient’altro che Renzi e, quel che da fastidio a molti, l’elettorato è affascinato dall’attuale leader ed è disposto a dargli credito anche quando questi molla decenni di slogan e decide di ragionare seriamente sulle cose senza perdersi in questioni “di principio” che servono solo a tenere tutto fermo.

Tengo anche a far notare una cosa: ieri Renzi ha ricordato in segreteria che il PD è al 41%, che quel 41% non è un conto in banca, i voti sono volubili e dipendono dalla capacità del PD, che li ha avuti, di rispettare le promesse, di “guadagnarseli”, un monito sentito visto che nella casa dei democratici a volte si ragiona in termini di “malloppo” e “filibusta”, come se i voti fossero una specie di forziere che tutti cercano far proprio fregandosene del riscontro al di fuori del partito… quei voti sono lì perché qualcuno ha promesso qualcosa in cambio e chi li ha avuti ora ha il dovere di tenere fede alla parola data anziché scannarsi in vista di una possibile (e tutt’altro che certa) poltrona.

 

Perché quest’introduzione così lunga ? Per il semplice fatto che per capire tante cose che succedono in questo periodo bisogna partire da qui ed avere chiaro questo punto, visto che è centrale in questo frangente… il discorso l’ho fatto qui e vale anche per il futuro, diamolo per fatto ed evitiamo di tornare nuovamente sulla “centralità di Renzi” perché semplicemente è un fatto, tant’è che non c’è nessuno che osi parlare di politica senza “riferirsi a” o relazionare questo o quel fatto “a”, c’era un “Lui” che era Berlusconi, ora c’è un altro “Lui” che è Renzi… e quelli che lo stanno “deificando” facendone un perno insostituibile della politica spesso e volentieri sono quelli che cercano di buttarlo giù, perché sono ossessionati da lui e non riescono a concepire la politica (in ogni sua dimensione) se non funzionalmente (nel bene o nel male) a Lui.

Veniamo quindi ai nostri amici grillini… che sta succedendo in questi giorni ?

Semplicemente in Emilia-Romagna ci sono faide che covano da anni, a partire fra una lotta intestina fra “lealisti” e “frondisti”: i lealisti “fedeli” a Grillo e Casaleggio contro i frondisti più vicini all’idea primigena del Movimento 5 Stelle (quando ancora Grillo predicava solo, senza razzolare).

Grillo e Casaleggio hanno un rapporto strano con quella regione: è una delle roccaforti del M5S e quindi è vitale per la prosperità del Movimento (specie oggi che la crisi di consensi si fa drammatica da quelle parti) ma è troppo tendenzialmente “di sinistra” (per storia, tradizione e forma mentis) per i gusti dei due fondatori, che mal digeriscono le tendenze sinistrorse e “democratiche dal basso” della base.

Le espulsioni, lo sappiamo, sono iniziate con Tavolazzi, con Favia e con Salsi ma da allora la “guerra” fra le due fazioni non s’è mai sopita pur restando “a bassa intensità”: i due schieramenti hanno continuato a fronteggiarsi e se Grillo e Casaleggio si fanno forti del “diritto d’ultima parola” che gli permette d’imporre nomi, posizioni e quant’altro i dissidenti usano il loro peso sul territorio per bilanciare lo strapotere dei fondatori.

La questione s’è retta su un equilibrio instabile per un po’ (in pratica ambedue le fazioni si limitavano per evitare d’indebolirsi troppo “all’esterno”) ma a poco a poco Grillo e Casaleggio hanno isolato i personaggi scomodi e, approfittando di questo o quell’espediente, hanno lavorato per imporre a livello locale i loro fedelissimi.

Anche Pizzarotti è finito nella lista nera di Grillo; c’è finito presto (quando ha chiesto d’avere Tavolazzi, già espulso, come City manager) e lì è rimasto, abbastanza importante dall’essere intoccabile ma abbastanza incasinato (inceneritore, debito cittadino alle stelle) da non potersi permettere nessuna posizione di aperta contrapposizione con “la direzione”. Certo, ogni tanto Grillo ha saggiato il terreno mandando avanti i suoi fedelissimi ma sostanzialmente Pizzarotti come unico sindaco “di peso” (Nogarin non pervenuto) ed esempio di grillino di “lunga data” s’è dimostrato troppo centrale per poter essere rimosso senza ripercussioni.

La cosa è precipitata con l’uscita di scena di Defranceschi: quando il consigliere regionale uscente non ha potuto ricandidarsi perché penalizzato dall’ultima revisione delle “regole” (quelle che tutti conoscono ma che non sono mai state scritte in modo non-ambiguo da nessuna parte) Pizzarotti è uscito allo scoperto insieme ad altri quadri del Movimento locale dicendo che è un peccato perdere un elemento del genere.

Il caso vuole che in questo periodo ci sia anche l’elezione delle Province, Pizzarotti ha deciso di disobbedire a Grillo (che ha dettato la linea: fuori dalle province ma in corsa per le città metropolitane) e cercare un possibile accordo all’esterno del Movimento 5 Stelle. Perché ? Perché il comune di Parma e la provincia di Parma sono strettamente correlate ed è stupido per il sindaco del capoluogo non interessarsi ad un ambito così rilevante, checché ne dica Grillo.

Il post originale con cui formalizzava la sua posizione è disponibile qui.

 

La cosa ovviamente non è piaciuta a Grillo che ha subito fatto sapere che se Pizzarotti non torna sui suoi passi verrà espulso.

Conscio di non avere un futuro nel M5S perché non può aspirare ad un secondo mandato e nessuno è disposto ad offrirgli un altra candidatura probabilmente Pizzarotti ha pensato bene che questa fosse l’unica finestra di visibilità rimastagli (le regionali in Emilia-Romagna) per farsi vedere e, se non altro, uscire di scena “con onore” anche se ad oggi tutto è in bilico e non si capisce esattamente come s’evolverà la cosa.

Dietro ai paraventi c’è un’operazione più vasta in cui gli attivisti sul territorio non approverebbero il modo in cui viene gestito il Movimento e, si dice, sarebbero pronti a boicottare la lista ufficiale. Staremo a vedere.

Quel che è certo, almeno per adesso, è che le Regionali saranno abbastanza turbolente per il Movimento 5 Stelle, specie visto il probabile flop di “Italia 5 Stelle”, l’incontro di tre giorni al Circo massimo, un evento che rischia di costare carissimo a Grillo sia economicamente (ad oggi la raccolta fondi è arrivata ad appena 35.000 euro e prosegue al ritmo di appena 2.000 euro al giorno) che dal punto di vista dell’immagine.

 

Vedremo.

 

Edit : Pizzarotti ha deciso di fare marcia indietro e ritirare la candidatura alla provincia. Ovviamente attacca il PD e la butta in caciara ma l’idea è che il nostro abbia pensato bene di “vivere per combattere un altro giorno”.

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