Anger management.

Tipicamente il problema più grosso in un partito è quello di tenere sotto controllo i mal di pancia della base davanti a posizioni indigeste che però i vertici ritengono di dover tenere (tipo i leghisti con il loro amore smisurato per Berlusconi).

Del saper conservare l’elettorato nonostante mille giravolte molti partiti hanno fatto un arte inventandosi correnti maggioritarie, correnti minoritarie, ricorsi alla retorica e mille altri modi per stemperare gli animi e distrarre l’attenzione.

Storicamente il grosso problema è sempre stato quello d’evitare che i delusi abbandonino un partito, possibilmente fornendo una persona/posizione/corrente all’interno del partito stesso, qualcuno che rappresenti il punto di vista del deluso… in questo modo si può trattenere il votante ed imbrigliarlo in un discorso di dialettica interna (vedasi Renzi).

Alcune volte questo giro è anche utile dal punto di vista del “riciclo” del partito stesso (il bilancino) perché tenendo in vita una corrente minoritaria contraria alla posizione dominante nel partito è sempre possibile spostare gli equilibri facendo prevalere la corrente minoritaria e riacquistando un po’della verginità davanti a cambi di posizione radicali della linea del partito stesso.

 

Solite storie della vecchia partitocrazia insomma.

 

Ma oggi con l’innovativo Movimento 5 Stelle siamo passati dalla gestione del malcontento all’interno del partito (così italiana, così demodé) al nuovo ed avveneristico anger management, che poi è la stessa cosa ma con il web 2.0 e due parole fighette in inglese fa molto più innovativo.

Nella pratica la posizione è la solita: mantenere l’elettorato senza far vedere che c’è una direzione ben coordinata che del dissenso, entro i limiti del possibile, se ne frega pur di perseguire i suoi scopi.

Un tempo questo era un compito arduo, oggi è facilissimo.

Prendi un blog, un blog qualsiasi… e dai le chiavi per postare gli argomenti solo a qualcuno, qualcuno che abbia la fiducia della direzione.

Fatto ?

A quel punto fai una campagna elettorale basata sul “tutti mentono, solo noi diciamo la verità, venite a sentirla sul blog”… in questo modo gli elettori potranno credere e confrontarsi solo all’interno del recinto voluto dalla direzione.

Fatto ?

Ora è facile, per dare uno spin (come spin doctor, come Gianroberto Casaleggio) a qualsiasi cosa basta che i post siano tutti di gente addestrata a dire quel che piace alla direzione, o gente comunque amica.

Fatto ?

E se (per citare Crozza) ti capita di comprimere una biomassa ? Beh, allora anziché parlare della superficie di contatto contaminata dall’organico indifferenziabile parli d’altro, così la gente che osa discutere della biomassa la puoi silenziare (silenziare è più democratico di censurare) perché off topic (che essendo una parola inglese fa molto politically correct).

Fatto ?

Eh si… ma l’anger management ? È facile. Ogni tanto qualche biomassa devi comprimerla per forza, e dirlo… altrimenti non puoi dare il tuo spin e consolidare la posizione della direzione… quindi per ogni post nell’area commenti in cui tutti possono confrontarsi dai libertà di parola.

 

E se qualcuno ti sbatte in faccia qualcosa del genere ?

E se quel qualcuno prende anche tanti di quei voti da essere il commento più votato di tutto il cucuzzaro ?

Beh, in quel caso devi gestire l’anger… ad esempio tranciando via l’articolo con tutti i commenti (o togliendogli i like, o facendolo sparire temporaneamente per un problema tecnico) che ne sono scaturiti… per il bene della direzione.

In questo modo chi si confronta leggerà solo le posizioni non sgradite alla direzione e penserà che la posizione condivisa sia quella che piace alla maggioranza (ah le pecore, che elettori sarebbero!) senza sapere che non tutti si stanno esprimendo e che le posizioni che la direzione ti fa leggere sono solo quelle che più piacciono a lei.

È la democrazia 2.0 baby

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